Fotogiornalisti contro fotografi professionisti che non sono iscritti all’ordine dei giornalisti, sembra una guerra tra poveri, ma il problema è a monte.Chi è un pirata della fotografia
Come arginare il fenomeno del furto dell’immagineEppure il modo c’è per evitare tutto ciò. Far rispettare la legge sul diritto d’autore, semplicemente. A cominciare dalla pubblicazione del nome del fotografo che è obbligatorio, ma molti fingono di non saperlo. I fotogiornalisti sono incazzati per il fatto che i giornali pubblicano spesso foto di fotografi che non sono iscritti all’Ordine. Li definiscono “abusivi”. Cadono nella trappola ideologica del clan, della setta senza rendersi conto che un fotografo professionista con partita iva non può considerarsi un abusivo, ma un loro collega. È come voler vietare a un fotogiornalista di fare un servizio di moda o uno still-life. Il problema non sono i fotografi, ma il rispetto da parte di questi, di norme deontologiche che non necessariamente bisogna far parte a un’associazione di categoria per rispettarle. Mettiamo un attimo da parte la guerra sui prezzi, tariffari e trattative tra editori/giornali e fotografi. Il nocciolo della questione è: quante foto vengono effettivamente pagate con regolari fatture ai fotografi? Se prendessimo a caso un qualsiasi numero di un quotidiano e andassimo nel suo ufficio amministrativo per chiedere tutte le fatture di tutte le foto pubblicate, quanti riuscirebbero a dimostrare di stare in regola? Di quante immagini non saprebbero nemmeno dirci chi sono gli autori? È questo il tipo di osservatorio che andrebbe fatto. Ovviamente un’associazione di categoria non potrebbe farlo in quanto non avrebbe un potere miniseriale. Ma la SIAE o la Finanza stessa, sì. Al momento la SIAE offre la possibilità di proteggere i diritti d’autore di foto già pubblicate, con un mandato SIAE. Il mandato consiste nell’incaricare la SIAE di gestire i diritti d’autore delle proprie foto pubblicate, per mezzo di un contratto. Tecnicamente cosa succede: il fotografo pubblica delle immagini su un libro, dà mandato alla SIAE attraverso un modulo/contratto. Nel momento in cui è il fotografo ad accorgersi che quelle foto sono state riutilizzate per altre pubblicazioni, lo segnala alla SIAE che provvede a riscuotere, presso il “furbo”, la cifra secondo il proprio tariffario concordato nel mandato stesso. Facile. Ma non altrettanto facile, per il fotografo, riuscire a beccare tutte le sue foto rubacchiate probabilmente da altri editori nel mondo. Per anni ho cercato di promuovere il principio già detto sopra: la SIAE o la Finanza dovrebbero fare controlli sui pubblicati e verificare le fatture corrispondenti, se ci sono tutte per ogni immagine anche di un solo numero di un giornale. Ne hanno tutte le facoltà. Solo così si potrebbe iniziare a ragionare. Vedremmo probabilmente meno immagini pubblicate, ma forse di maggiore qualità perché prima di acquistare i diritti d’uso di una foto un editore ci penserebbe due volte. Maggiore qualità delle immagini significa anche miglior prodotto editoriale che si trasforma in desiderio all’acquisto per l’utente. L’editoria intera ne beneficerebbe economicamente. L’esempio della BSA Altra proposta che feci oltre 10 anni fa ad alcune associazioni di fotografia, era quello di creare un organismo sul modello della BSA (Business Software Alliance). La BSA combatte la pirateria sui programmi. Molto semplice: è un’organizzazione che raccoglie segnalazioni da tutto il mondo quando qualcuno scopre un distributore di software crakkato o un’azienda che fa uso di questo. Basterebbe che un’associazione o un ente predisposto (e perché no, un organismo interno della Finanza stessa) si prendesse la briga di gestire le segnalazioni degli stessi fotografi. Esempio: trovo una mia foto pubblicata da un giornale che è stata rubata da un libro pubblicata per un altro editore. Non mi metto a fare tarantelle per recuperare estremi fiscali e fare trattative per fatturare quella foto, ma faccio partire direttamente la segnalazione all’ente preposto e lì sono batoste. Multone al giornale ed io recupero la mia parte senza stressarmi personalmente. È difficile? A me sembra di no. |
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